L’immaginario collettivo associa ancora il gambling con la figura maschile, spesso condizionato dai film sull’argomento o da una scarsa conoscenza della situazione attuale. Dati recenti invece indicano l’importanza delle donne in una delle industrie più fiorenti del nostro Paese, tanto da far spostare 100 miliardi di euro all’anno. Una cifra da capogiro, a cui il gentil sesso contribuisce in maniera significativa.
Eurispes e l’Istituto Superiore di Sanità hanno reso pubblico il risultato delle loro ricerche sul settore, mettendo in luce numeri molto interessanti. Innanzi tutto, più di un italiano su tre è dedito all’azzardo: si parla del 36,4%, non esattamente pochi tenendo conto anche del divieto ai minorenni e del fatto che per semplice mancanza di abitudine milioni di cittadini non si sono mai avvicinati alle scommesse. Soltanto un quarto dei 13.453.000 di giocatori italiani può essere definito saltuario. Gli altri tre quarti evidentemente no. E soltanto una minima fetta di questi è costituita dai così detti “professionisti”, che hanno la loro fonte di reddito nel poker o in una specialità dell’azzardo. Spesso anche chi si ritiene giocatore saltuario, tra una schedina qui e una puntata alle slot machine là, finisce con l’essere uno scommettitore abituale. 2 milioni di giocatori sono considerati i giocatori a basso rischio, 1,4 quelli a rischio moderato. Lo Stato si vuole concentrare sul milione e mezzo (il 3%) di giocatori problematici, in cui rientrano i casi di ludopatia. L’obiettivo è riuscire a trattare i loro casi e prevenirne di nuovi, partendo da un miglior sistema di riconoscimento. Si calcola che soltanto 13.000 cittadini italiani, meno dell’1% dei giocatori problematici, sia in cura presso le ASL.
E le donne?
Spesso trascurata dai media, la categoria femminile costituisce il 29% del numero dei giocatori totali. Quasi un terzo, anche questa una percentuale da non sottovalutare. Le analisi e le ricerche hanno infatti spesso trascurato il ruolo delle donne all’interno del processo del gambling in Italia, nonostante diversi studi abbiano rivelato che per il gentil sesso sia più difficile curare la ludopatia. Rispetto agli uomini, gli psicologi tendono a osservare una tendenza ancora più accentuata a isolarsi per scommettere, senza cercare la puntata in compagnia o la serata al casinò. Anche per questo i casi di gioco compulsivo femminile sono complicati da riconoscere, soprattutto ora che l’online garantisce il totale anonimato rispetto alla società.
Una soluzione efficace rimane la diffusione della cultura del gioco e l’accettazione della possibilità di poter correggere il proprio impulso a scommettere in maniera sconsiderata. Senza fare differenza di generi, lo Stato dovrà essere in grado di prendersi carico di tutti quei casi in cui l’azzardo sembra essere l’unica via, riuscendo a cambiare la mentalità e a portare una maggiore consapevolezza sui rischi a esso connesso. Sul fatto che la comunicazione e la diffusione di informazioni in materia sono insufficienti, ci possono essere pochi dubbi. Quanti di voi lettori, immaginando una sala giochi o un casinò, avrebbero scelto il sesso femminile per un terzo dei giocatori presenti?
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